Transizione energetica: quale futuro per il petrolio?
07 maggio 2018
07 maggio 2018
I dati e le previsioni parlano di ridimensionamento del mercato, ma il processo di transizione è ancora molto lungo
By Gabriele Capri
Inumeri, desunti dal preconsuntivo petrolifero 2017 redatto da UP (Unione Petrolifera), parlano chiaro: nel 2017 la domanda mondiale di petrolio ha sfiorato i 98 milioni di barili al giorno (b/g), in aumento di 1,6 milioni b/g (+1,6%) rispetto al 2016. Se a livello internazionale gran parte di questo incremento è stato trainato dai paesi non-Ocse (in particolare dalla Cina che negli ultimi 5 anni ha visto crescere la propria domanda petrolifera di circa il 38%) in Europa la domanda di petrolio è tornata a crescere per il terzo anno consecutivo, superando i 14 milioni b/g, pari al 30% del totale Ocse.
Sono alcuni dei dati condivisi lo scorso 20 marzo durante il convegno “”, organizzato dalla testata Staffetta Quotidiana.
A livello mondiale, quindi, il petrolio si conferma ancora la prima fonte di energia, con una quota stimata in circa il 32%, seguito dal carbone con il 27% e dal gas con il 22%. Nel settore dei trasporti (merci e persone) il peso dei prodotti petroliferi attualmente è intorno al 92%. Secondo le ultime stime dell’Aie (International Energy Agency), sempre a livello mondiale, al 2040 dovrebbe oscillare tra l’83% e l’88%, mentre in Europa tra il 79% e l’85%.
Limitandoci a considerare il solo settore dei trasporti e focalizzandoci sui sistemi di propulsione che alimentano il parco auto europeo (EU+EFTA), è possibile constatare come, nel 2017, le AFV (Alternative Fuel Vehicles) abbiano raggiunto una quota di mercato del 6,2% (953.355 unità): parliamo di auto elettriche, elettriche range extended, ibride, ibride plug-in, fuel cell a idrogeno, a metano, a GPL o a etanolo E85; in pratica da questo elenco sono escluse tutte le altre auto alimentate a benzina o a gasolio. A spingere questo trend di rinnovamento sono soprattutto i Paesi EFTA (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) dove un'auto su cinque è ad alimentazione alternativa (21,2% del mercato) e in particolare la Norvegia dove sono più di un’ auto su due (52% del mercato).
Per quanto riguarda l’Italia, seconda nella classifica continentale con l'11,6% di immatricolazioni auto ad alimentazione alternativa e addirittura prima assoluta per quanto concerne le auto a metano e GPL (8,2% del mercato), nel 2017 sono raddoppiate le auto ibride rispetto al 2016 (per un totale di 66 mila) mentre la vendita di auto elettriche, nel medesimo anno, rappresenta solo lo 0,1% del mercato nazionale (1.967).
Se, per quanto riguarda i veicoli per il trasporto di passeggeri, stiamo dunque assistendo, anche a scala globale, ad un moderato cambiamento in favore di soluzioni green (alcuni paesi, come la Cina, hanno agevolato tale processo mediante l’erogazione di un vantaggioso e concreto piano di incentivi) la nostra dipendenza dal greggio è generata perlopiù dalla scarsità di alternative ai prodotti petroliferi nel loro impiego come carburante per mezzi pesanti, trasporto marittimo e aereo, o come materia prima per l’industria chimica.
Come riportato dal presidente di UP Claudio Spinaci nell’intervista rilasciata a Staffetta Quotidiana in occasione della sua premiazione come “Uomo dell’anno 2017”: “L’obiettivo delle compagnie petrolifere è di mantenere una struttura industriale competitiva, sicura ed affidabile pur in un mercato in contrazione, cosa che implica azioni diverse a seconda del segmento di business.”
Ciò si traduce, per quanto riguarda le compagnie petrolifere, nella necessità di garantire, nel prossimo futuro, la mobilità di mezzi e persone a costi sostenibili e competitivi in un processo di transizione energetica verso una mobilità low-carbon in cui verrà testata la capacità di adattamento del downstream petrolifero. Nel dicembre 2015, con la firma dell’accordo di Parigi sul clima, i governi di 196 Paesi di tutto il mondo (da cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di ritirarsi) hanno stabilito di mettere fine alla vendita di automobili a benzina o diesel: a tal proposito, anche se in maniera eterogenea, i governi di alcuni Paesi hanno messo a disposizione un concreto sistema di incentivi (l’Italia è il Paese europeo che ne ha meno: 3000 Euro contro una media di 9000) finalizzato a favorire l’acquisto di AFV, il cui prezzo base rappresenta senza dubbio il primo ostacolo alla diffusione delle stesse. Parallelamente alla diffusione delle AFV i Paesi dovranno essere in grado di garantire, e quindi implementare, una capillare ed efficiente rete di distribuzione in modo che ciò non rappresenti ulteriore fattore limitante alla diffusione di tecnologie green.