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Contaminazione storica in un sito: un dibattito ancora aperto

22 febbraio 2019

Conversazione con l’avv. Federico Peres, B&P Avvocati, sul tema della contaminazione storica in sito

In un recente incontro formativo si è molto discusso delle cosiddette contaminazioni storiche, ci può dire per quale ragione il tema è così sentito?

Da quando esiste la normativa specifica sulle bonifiche, la maggiore criticità, in senso pratico e giuridica, non è come far fronte ad un evento di inquinamento che si verifica oggi, ma come gestire la scoperta di una contaminazione antica, storica appunto.

Il problema è dovuto alla legislazione carente?

In parte sì. In altre parole, in caso di evento attuale e repentino la legge ci dice chiaramente chi deve intervenire, nonché come e quando deve farlo. Tale chiarezza non solo fa sì che la bonifica parta immediatamente, ma riduce grandemente il contenzioso giudiziale.

Mentre invece quando scavando per altri fini si scopre una contaminazione storica?

La legge precisa soltanto che la procedura per le contaminazioni recenti si applica anche in caso di “contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione ambientale” e questo non basta a risolvere gli interrogativi che sorgono e che, di fatto, non solo frenano l’avvio delle operazioni di risanamento, ma alimentano il contenzioso. 

Quali sono questi interrogativi?

In disparte del fatto che l’aggettivo “storica” non consenta di datare con esattezza la contaminazione (una circolare ministeriale di qualche anno fa, ad esempio, parlando di “materiali di riporto storici”, qualificava come tali quelli avvenuti prima del D.P.R. n. 915 del 1982), resta da chiarire in cosa consista l’aggravamento potendo riferirsi sia alla possibilità dell’inquinamento di continuare a muoversi (come sembra chiarire l’articolo di legge), sia al rischio per la salute delle persone esposte alla contaminazione portata allo scoperto.

Probabilmente risulta anche difficile capire in che misura un soggetto possa dirsi responsabile, in senso giuridico, di una contaminazione la lui provocata molti anni addietro, quando la normativa ambientale nemmeno esisteva.

Infatti, questo è uno dei temi sui quali giurisprudenza e dottrina non sono univoche. Posto che l’inquinamento da cui nasce l’obbligo di bonificare deve essere avvenuto violando la legge esistente vigente al momento del fatto, alcune sentenze ritengono che sia tale anche la violazione delle norme del codice civile – che è del 1942 – e che, di conseguenza, non occorra avere infranto la normativa ambientale specifica – che, come tutti sanno, è ben più recente.

Ma in questi casi, anche ammessa la responsabilità, il lungo decorso del tempo non dovrebbe far scattare la prescrizione?

Questo è un altro dei grandi temi in discussione. Certo, esiste la prescrizione di cinque anni per il risarcimento dei danni provocati dai cosiddetti fatti illeciti extracontrattuali, quale è appunto quello connesso ad un inquinamento. Ma la domanda non è la durata della prescrizione, bensì da quando essa inizia a decorrere, cioè da quando dobbiamo cominciare a contare i cinque anni.

E la risposta?

Alcuni ritengono che si tratti di un illecito c.d. permanente e, pertanto, che il termine di prescrizione vada valutato di giorno in giorno, man mano che si verifica e fino a quado l’inquinamento non sia stato eliminato del tutto. Diversamente altri sostengono che il fatto illecito sia istantaneo e che la permanenza riguardi solo gli effetti. In sostanza, stando a questa seconda tesi, se l’inquinamento è provocato da un interramento illecito di rifiuti, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui l’interramento è avvenuto e, ai fini del decorso della prescrizione, non conta il fatto che gli effetti permangano nel tempo. Aggiungo che in materia di danno ambientale esiste una prescrizione trentennale, ma discuteremo semmai un’altra volta dei difficili rapporti tra la disciplina bonifiche e quella, di derivazione europea, sul risarcimento del danno all’ambiente.

Una soluzione?

Visto il contrasto in giurisprudenza e in dottrina, solo un intervento del legislatore potrebbe mettere fine al dibattito, non solo fornendo risposte precise a questi quesiti, ma anche - direi soprattutto -  incentivando gli interventi di riqualificazione ambientale nelle ex aree industriali, interventi tutt’oggi grandemente frenati proprio dall’incertezza legata al possibile rinvenimento di una contaminazione storica e ai connessi costi di bonifica.

Sull'intervistato:

Dopo aver svolto attività professionale in altri studi legali, Federico Peres, ha costituito, nel 1993, con l’avv. Guido Butti, l’associazione professionale B&P Avvocati. All’interno dello Studio, segue principalmente il contenzioso amministrativo e civile e la consulenza stragiudiziale in materia di gestione rifiuti, terre e rocce da scavo e sedimenti dragati, bonifiche dei siti contaminati, risarcimento del danno ambientale ed inquinamento elettromagnetico. In queste materie è autore di volumi e articoli ed è stato relatore in numerosi seminari e convegni. E’ professore a contratto di diritto dell’ambiente presso l’Università di Padova (Facoltà di Ingegneria – Corso di laurea in Ingegneria per l’ambiente e il territorio) nonché docente in corsi post-universitari organizzati dalle Università di Roma, Milano, Padova e Venezia.

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