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Smart cities e smart working: le grandi città si sviluppano su nuovi bisogni

14 maggio 2019

di Emiliano Patanè

Come si diventa una “smart city”? Quali sono i meccanismi che influenzano il modo in cui le città si espandono e si connettono? Anche lo smart working potrebbe contribuire alla loro evoluzione.

Secondo un recente rapporto (2017) della società di analisi Idc, in Italia i “lavoratori agili” sono circa 7 milioni, circa il 32% del totale di 22 milioni di occupati ed entro il 2022 diventeranno 10 milioni. In termini di smart working e telelavoro il nostro Paese è attualmente sotto la media europea, in cui gli smart worker sono 103 milioni su una popolazione lavorativa totale di circa 184 milioni - 56% - ed in cui è prevista una crescita esponenziale nei prossimi anni, con un tasso composto medio annuo del +3,6%. A fronte di un aumento della popolazione lavorativa a circa 190 milioni di unità entro il 2022 corrisponderà, quindi, anche un aumento degli smart worker stimato in 123 milioni di unità (65%), 9 punti percentuale in più rispetto al 2017. Ma cosa significa essere “smart”? Non si tratta semplicemente di lavorare qualche giorno da casa, bensì assimilare e mettere in pratica un nuovo approccio rispetto al tradizionale modo di lavorare all’interno di un’organizzazione.

Il punto di partenza per cercare di comprendere le radici di questo fenomeno, potrebbe essere l’acronimo VUCA - volatility, uncertainty, complexity and ambiguity - usato per la prima volta nel 1987 per descrivere (o riflettere) sulla volatilità, l'incertezza, la complessità e l'ambiguità delle condizioni generali e delle situazioni. Questo acronimo ci offre un ottimo punto di partenza per comprendere le complessità della realtà lavorativa contemporanea, che racchiude inevitabilmente queste quattro caratteristiche. Perché non adottare un modello di smart working per semplificare determinate complessità?

La difficoltà principale nell'introdurre lo smart working sta nell'attuare un cambiamento culturale, richiesto dal passaggio da una dinamica basata sullo stare insieme e sulla facoltà di controllo dei dipendenti, ad una fondata sulla delega di responsabilità e sulla valutazione basata sui risultati. È necessario quindi riuscire a adottare una “cultura del risultato” non più basata su vecchi paradigmi occupazionali, ma piuttosto su flessibilità, autonomia e responsabilità.

Che ruolo hanno i manager in questa transizione? Certamente devono dimostrarsi leader capaci e dare il buon esempio, dal momento che non sono più chiamati a supervisionare, ma a monitorare i risultati, stimolando i talenti interni anche attraverso progetti di apprendimento e formazione continua. Questo nuovo modo di lavorare offre molti benefici, tra cui un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, meno stress, orari flessibili, uffici più ordinati, la possibilità di lavorare da casa o in ambienti di coworking. La rivoluzione dettata dalla corrente del lavoro agile è destinata a cambiare non solamente la mentalità delle persone, ma anche gli spazi fisici e, di conseguenza, le città che diventeranno sempre più smart. La dimensione dell'ufficio com’era una volta cambierà radicalmente: lo spazio sarà dinamico e intelligente, assisteremo inoltre a una reinvenzione degli strumenti, incentivata anche dall’abolizione delle scrivanie assegnate.

È importante rendere chiaro ai lavoratori che lo smart working è un’opportunità e non un’imposizione: sarà sempre possibile accedere all’ufficio, ma senza l’obbligo 9-18. Questo passo romperà il mutualismo tra edifici e utenti, ed entrambe le entità potranno finalmente coesistere: il loro rapporto continuo diventerà finalmente liquido. I benefici di questa ristrutturazione riguarderanno sia le infrastrutture che i sistemi di trasporto: il traffico e la mobilità urbana diminuiranno a causa del passaggio dall'orario di lavoro standard, le congestioni nelle ore di punta, i ritardi, lo stress emotivo e ambientale saranno un ricordo. La differenza tra smart working e telelavoro spesso sta nel luogo e nella continuità di queste modalità di lavoro. Nel primo caso si tratta di lavoro svolto fuori dall’ufficio, non necessariamente da casa e solo alcuni giorni a settimana. Nel secondo caso, si tratta di una condizione lavorativa domestica, comunque quasi completamente svincolata dal rapporto con l’ufficio, ma fondata su criteri di continuità e rigidità che si antepongono alla flessibilità propria della cultura smart. La diffusione di una filosofia di lavoro smart porterà le persone a trovare nuovi luoghi di lavoro, in modo completamente diverso da prima, ma con requisiti minimi soddisfatti (wifi, sedia, scrivania, scrivania, illuminazione, ecc.): una rete di spazi di aggregazione sociale/lavorativa all'interno e all'esterno delle aree metropolitane, una distesa positiva e controllata grazie alla quale le strutture esistenti verranno svuotate dal loro significato obsoleto e potranno essere riadattate alle nuove, assecondando il comfort emotivo, relazionale e geografico dell'essere umano. Cambierà, dunque, la visione della città a noi familiare ed il modo di progettare gli spazi urbani condivisi. Nelle smart cities di un futuro che è già dietro l’angolo, tecnologia, sostenibilità e creatività siederanno allo stesso tavolo di progettazione.

  • Emiliano Patanè

    Laureato in Architettura, Emiliano è un progettista e Project Manager specializzato in interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana. Scopri di più su Emiliano Patanè.

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