Smart city: quattro domande che dobbiamo porci per progettare una città realmente smart
26 luglio 2019
26 luglio 2019
Affinché le smart city possano migliorare la qualità della nostra vita, il focus deve essere una progettazione orientata al benessere della comunità tutta
Traduzione e adattamento di Stefania D'Onofrio
Le nuove sfide delle città possono trovare in parte risposta nell’utilizzo di nuove tecnologie, in un’ottica di smart city. Una errata applicazione di queste tecnologie può, però, portare a città meno inclusive ed eque. Come progettisti il nostro motto è “Design with community in Mind”. Come declinare questo concetto nella progettazione delle smart city? Che domande bisogna porsi nel processo di progettazione? Nel corso della storia le infrastrutture “fisiche” (dall’acquedotto romano al trasporto pubblico a zero emissioni) sono sempre state uno strumento utilizzato dai progettisti per rispondere alle criticità legate allo sviluppo urbano. Le smart cities rispondono a quegli stessi bisogni mediante l’implementazione di infrastrutture non solo “fisiche” ma anche “virtuali”, che permettono di fronteggiare le sfide urbane di oggi (mobilità, gestione dei rifiuti, distribuzione e consumo di energia, erogazione servizi pubblici, assistenza sanitaria). Le infrastrutture “virtuali” hanno un enorme potenziale e possono essere sviluppate e implementate in tempi estremamente ristretti (soprattutto se paragonati all’iter delle infrastrutture “fisiche” tradizionali). Inoltre comportano la creazione di nuove interessanti partnership tra gli attori che le implementano come, ad esempio, progettisti “tradizionali” e innovatori tecnologici (si pensi per analogia alla progettazione di smart building che vede collaborare architetti, interior designer ed impiantisti a quattro mani con sviluppatori di applicazioni e compagnie con focus tecnologico).
Le organizzazioni no-profit e le start-up sono all'avanguardia nello sfruttare le app per ottenere dati che riflettono il modo in cui le persone utilizzano ogni giorno le città e, contemporaneamente, restituiscono input utili agli utenti. Ad esempio, nel Nord America, una app chiamata “Streetwyze” aiuta gli utenti a navigare nei quartieri fornendo informazioni su pedonalità, sicurezza e assistenza per i bambini sul territorio. In Italia le stessesmart roadvanno in questa direzione. È chiaro che al giorno d’oggi abbiamo a disposizione una tecnologia potentissima e fruibile a tutti i livelli, in grado di impattare positivamente su salute pubblica, benessere e coesione sociale. Ecco una riflessione dei colleghi Rachel Bannon-Godfrey sulle quattro domande da porsi per una progettazione efficace ed utile che sia a misura di comunità.
Che si tratti di una tecnologia utilizzata dai singoli o dalla comunità, dobbiamo essere consapevoli di eventuali barriere finanziarie, fisiche e demografiche che possano ostacolarne l’adozione. È adatta agli utenti più restii all’uso della tecnologia? L'interfaccia utente è multilingue? Quanti se la possono permettere? L’attuale diminuzione dei costi delle nuove tecnologie sta permettendo ad un maggior numero di comunità di accedere ad infrastrutture digitali e utilizzare informatica cloud. La tecnologia continua però ad evolversi molto velocemente e non sempre di pari passo con una piena accessibilità. Poiché però la maggior parte delle attività quotidiane delle persone passanosempre più per le nuove tecnologie (si pensi all’accesso on line ai servizi pubblici), è nostro dovere privilegiare quelle tecnologie che colmano i potenziali divari all’interno delle comunità piuttosto che aumentarli.
L’obiettivo di progettare delle smart-city sempre più efficienti e resilienti può essere raggiunto solo attraverso una attiva partecipazione dei cittadini e una dinamica collaborazione tra amministratori delle città , aziende tecnologiche, sviluppatori di applicazioni. I maggiori successi si ottengono quando gli elettori possono utilizzare questi nuovi strumenti per accedere alle informazioni o dare e ricevere input nel processo di pianificazione e progettazione. I progettisti devono collaborare con i leader delle città, i pianificatori e i partner dell'industria tecnologica per ottenere città sempre più eque nell’accessibilità ad abitazioni, mobilità, infrastrutture e servizi pubblici.
Le nuove tecnologie prendono in considerazione i bisogni e gli obiettivi delle comunità locali? E’ una tecnologia scalabile così che ne possano beneficiare dal singolo cittadino alla comunità più estesa? Pensiamo, ad esempio, ai programmi di veicoli autonomi condivisi (SAV). Saranno pensati al fine di migliorare anche la mobilità di comunità a basso reddito o serviranno solo i distretti commerciali? I SAV disincentiveranno la manutenzione e l’aggiornamento dei servizi di trasporto pubblico già esistenti per le periferie? L’uso di queste tecnologie nasce per rispondere ai problemi delle città? Oppure si stanno sviluppando nuove tecnologie e le si veste successivamente di un significato per giustificarne la nascita e l’implementazione? Le nuove tecnologie vanno pensate per rispondere ai bisogni di tutte le comunità, anche quelle che non hanno budget per ripensare la città in un’ottica smart.
Le città sono vulnerabili a shock come terremoti, tornado, incendi, attentati. Sono inoltre interessate da stress cronici che gradualmente, o ciclicamente, erodono la resilienza di una comunità, dalla siccità e l'inquinamento atmosferico, alla disoccupazione fino ad arrivare alle carestie. La tecnologia smart city apre nuove opportunità per migliorare le attività quotidiane delle persone: dal rafforzamento della comunicazione di quartiere attraverso applicazioni come NextDoor, alle notifiche in tempo reale che rendono più efficiente l'uso del trasporto pubblico, ai dispositivi personali di monitoraggio della qualità dell'aria come CleanSpace Tag per avvisare gli utenti di potenziali problemi ambientali. Una tecnologia davvero intelligente dovrebbe rendere la comunità più forte, sicura e connessa.
I progettisti devono inevitabilmente integrare i propri progetti con le nuove tecnologie, soprattutto nell’ottica di rispondere efficacemente alle sfide urbane attuali. Ne deriva però un’urgenza sempre maggiore: quella di coinvolgere nel processo di progettazione le popolazioni più esposte ad impatti negativi derivanti dalle nuove infrastrutture “fisiche” o “virtuali” che siano; questo al fine di evitare di peggiorare o cronicizzare criticità già esistenti, aumentando il divario sociale e le disuguaglianze. Potremo ottenere una città veramente smart e inclusiva solo attraverso una progettazione partecipata, accorta e responsabile che implementi tecnologie a supporto della resilienza delle comunità e universalmente accessibili a tutti i cittadini.
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