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Una bonifica ben riuscita? Partiamo dal modello geologico concettuale

14 dicembre 2022

di Andrea Santambrogio

Una fase fondamentale per effettuare le giuste scelte in un intervento di bonifica

Cosa c’è alla base di un intervento di bonifica ben riuscito? Un’efficiente progettazione? O forse un’ottima modellizzazione? O ancora, un accurato piano di indagine e di caratterizzazione?

Ovviamente, ogni componente è importante e ogni fase della progettazione è cruciale e deve essere svolta con professionalità e precisione, ma non bisogna prescindere dal fatto che anche la componente che potrebbe sembrare più piccola e insignificante è importante e altrettanto fondamentale.

Il modello geologico concettuale, frutto di una specifica competenza professionale ad oggi definita dalle norme tecniche vigenti, deve essere posto alla base dell’impostazione di tutta l’elaborazione progettuale. Tale modello, infatti, costituisce l’imprescindibile strato informativo in base al quale è possibile effettuare la scelta più opportuna sia dell’approccio che della soluzione tecnologica-operativa dell’intervento di bonifica.

Come ben sanno gli addetti ai lavori, i contenuti e le componenti del modello concettuale sono definiti per mezzo del D.Lgs 152/06 e il suo scopo è fornirci un quadro semplificato per poter comprendere i processi e caratteristiche peculiari del caso di studio. Nella sua definizione gioca un ruolo fondamentale e centrale il modello geologico che fotografa caratteristiche litologiche, stratigrafiche, strutturali dei litotipi che interessano un’area e dei rapporti tra essi esistenti. Senza la sua piena comprensione si rischia di giungere a situazioni in cui, per esempio, i trend analitici non risultano chiari o difficilmente correlabili o peggio, a procedimenti ambientali che non giungono a conclusione.

Per una corretta definizione del modello concettuale, il punto di partenza è valutare il quadro generale del contesto, procedimento frutto di differenti discipline; il che significa la definizione dei caratteri salienti a piccola scala e l’individuazione di un modello preliminare che guiderà le successive fasi di indagine e caratterizzazione.  In funzione delle evidenze preliminari sarà necessario elaborare un accurato piano di indagine, che dovrà essere:

  • Coerente con il contesto preliminarmente valutato
  • Fattibile: in base alla tipologia di dati che si vogliono ottenere e in base alla tipologia di litotipi/matrici che si devono indagare
  • Sostenibile dal punto di vista economico/ambientale

Precisazione importante per quest’ultimo aspetto: non bisogna considerare le indagini in situ e di laboratorio come un fastidioso adempimento burocratico! L’incidenza di una indagine accurata sulla spesa complessiva del progetto od opera sarà in ogni caso limitata rispetto ai vantaggi che ne derivano.

Come già accennato è necessario considerare la coerenza della metodica di indagine con il contesto geologico-morfologico; inoltre, è fondamentale conoscere l’applicabilità della tecnologia con le matrici da indagare e la rappresentatività del dato ottenuto. Su questo punto permangono le principali criticità: numerose tipologie di indagini svolte nella pratica comune risultano influenzate dalla soggettività dell’operatore. Come ovviare alla problematica? Risolverla è impossibile, ma si può limitare attraverso la formazione, che ci permette di: conoscere le pratiche e gli strumenti; imparare ad elaborare i dati raccolti per acquisire competenza nel riconoscere i dati anomali; far sì che l’operatore abbia cura di annotare il maggior numero di dati caratteristici. Una buona progettazione si basa sull’acquisizione di buoni dati.

A seguito della raccolta di dati sitospecifici accurati è possibile passare alla definizione del modello geologico. Vari e differenti sono i metodi che consentono di elaborare una fotografia accurata delle caratteristiche stratigrafiche e litologiche del sito; necessario risulta utilizzare metodi di costruzione dei modelli con alto livello di affidabilità:

Ciascun metodo condurrà ad un risultato di qualità differente ed applicabile a scale di progetto differenti (elemento di valutazione non banale in quanto la trasposizione laterale dei dati e i salti di scala nelle ricostruzioni stratigrafiche sono la maggior componente di incertezza e causa di frequenti errori). In particolare, il terzo metodo (stacking pattern) risulta il più affidabile in quanto, basandosi sull’individuazione di trend stratigrafici guida (individuati nei log di sondaggio o pozzo), permette di individuare caratteristiche correlabili tra punti di indagine anche molto distanti fra loro.

Infine, integrando la definizione delle potenziali fonti di contaminazione, le matrici ambientali interessate e i percorsi di migrazione ed esposizione si giungerà al modello concettuale del sito che è il primo passo per le successive fasi di progettazione. Si entra qui però in un campo in cui è necessario il dialogo con altre discipline, nonché figure professionali per la definizione della migliore tecnologia di bonifica.

In conclusione, possiamo asserire che l’affidabilità del risultato finale è condizionata dall’anello più debole della catena, cioè il modo in cui vengono determinati i dati di input.

Solo gestire con cura ogni passaggio, anche quello che può sembrare meno importante, può massimizzare l’efficienza dell’intervento in un progetto di bonifica.

  • Andrea Santambrogio

    Andrea Santambrogio è un geologo con esperienza nella gestione del territorio, delle risorse idriche e dell’ambiente. Supervisiona progetti di bonifica e decomissioning e cura gli aspetti geologici di progetti legati alla transizione energetica.

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